“La forza di lievità ti spicca”

UN GRAZIE, DOVUTO, A CARLA FRACCI ATTRAVERSO IL MIO VISSUTO DELLA DANZA E DI CIò CHE RAPPRESENTA PER ME. UN GRAZIE, DUNQUE, ALLA DANZA

Tu ballare.

Sembra un comando di una qualche forza soprannaturale, il modo in cui si conclude la poesia che dà titolo a questo pezzo necessario, per me, oggi. E forse lo è.

Perché, in fondo, un bambino danza?

Sono moltissime le risposte facili, e quelle vere, come ad esempio una famiglia che incoraggia e sostiene. Ma Billy Elliot ed altri meno cinematografici ci insegnano che non è né necessario, né sufficiente.

Nella mia vita, ho danzato, moltissimo, e ho ballato, altrettanto. Ero quella bambina della copertina. E ho danzato da quando ero più piccola di così, che le foto sono troppo sbiadite.

Allora, nel giorno in cui viene a mancare Carla Fracci, bisogna fermarsi e pensare alla danza, se avessi la forza bisognerebbe danzare. Ma chi è danzatore sa che ci sono mille modi in cui lo si può fare e lo farò.

Tu ballare.

Chissà cosa ha chiamato Carla a quest’arte di dedizione, forza e grazia. Nessuna intervista potrebbe svelare un mistero che forse mistero rimane per noi stessi, il punto lucente di inizio in cui si decide: io ballare.

Non scriverò della ricchezza della danza per l’età evolutiva, ne scrivono già in tanti. Non scriverò dello sviluppo armonico del corpo e del suo schema acquisito con i primi giochi danzati, o della corretta percezione spazio-temporale, dei progressi nelle capacità psico-motorie, ritmo-cinestesiche (coordinazione, equilibrio). Non scriverò di resistenza, mobilità articolare, forza, velocità.

Di ciò che cambia quando il corpo cambia, e delle sfide che saprai cogliere o cui soccomberai, della pena delle scelte quando si cresce, del gruppo e delle sue dinamiche dolci e feroci, ma presenti, sempre.

Dello specchio in cui mille e mille volte guardi i movimenti, senza respirare. Dovresti respirare. Dello specchio che riflette inesorabile anche quando non ti piaci, e mai dovresti perderti in un ideale di perfezionismo. Sei TU a danzare.

E del dolore a volte, della tenuta in mezza punta nei fondu, la testa che si capovolge nei cambrés – che ti gira tutto finchè non afferri il punto – e la linea che senti disegnarsi lunga nei developpés. La cura delle dita, delle punte, dell’en-dehors, del mento e delle spalle.

E la fiducia, sguardo nello sguardo con il tuo maestro o maestra che forma il tuo corpo e la tua mente di danzatrice aiutandoti ad amare la ripetizione, vedendone il senso, ad immergerti nella musica, esprimendone la grazia, ad accogliere la fatica, a farne strumento di crescita.

Quel maestro tenace e amorevole che invoglia e richiede, ma anche ti celebra con sguardo attento, e con un sorriso di tenerezza ti consola nel fallimento. L’ennesimo.

23 anni di insegnamento e quasi il doppio a danzare. Immaginate le relazioni che si possono creare. E le emozioni provate.

Parlerò dell’istante sul palco – oppure in sala – in cui la danza è esperienza di flusso, uno stato di coscienza in cui l’individuo è interamente immerso in un’attività, con totale coinvolgimento (Mihály Csíkszentmihályi, 1975), mindfulness pura: ballare per ballare .

In effetti, non c’è molto da dire. C’è più da sentire.

Tu ballare. Ora.

Segue la poesia meravigliosa dal libro ‘La domanda della sete’ di Chandra Livia Candiani (secondo me Carla ballava anche così), e qualche foto della mia esperienza di maestra di danza, una grazia ricevuta e, nell’intenzione, restituita a chi ho a lungo, o per breve tempo, accompagnato.


Ballare adesso bisogna ballare
come una scimmia come un albero
che all’improvviso straripa di fioriture
come un asino che raglia ballare
non danzare, barcollare di qua e di là
da un piede all’altro da un’anca a un ginocchio
e con la gravità fare un duetto
la forza di lievità ti spicca
appesa a una mano d’aria
ormeggi le perplessità a terra
e balli i danneggiamenti i guasti le sventure
appassisci tutta intera. Slegare gesti
lanciarli ai cieli della stanza
così abbondante è il mondo
non mancare a nessuno: tu ballare.

Chandra Livia Candiani, da La domanda della sete, Einaudi, 2020