HU-MAN: dalla scatola al cerchio. Intervista alla dott.ssa Sara Pezzola, una donna per il Cerchio degli uomini di Brescia

Come si può uscire dalle rigide pareti della Man box? Ad esempio, Creando un cerchio. L’intervista alla dott.ssa Pezzola ci porta dentro l’esperienza di una collaboratrice dell’associazione ‘il cerchio degli uomini’: ‘quando gli uomini si parlano, per il cambiamento del maschile’

INTERVISTA ALLA DOTT.SSA SARA PEZZOLA, PSICOLOGA, PSICOTERAPEUTA

Dott.ssa Pezzola,

grazie per aver dato la sua disponibilità a questa intervista sul tema della ‘healthy manhood’, ovvero della mascolinità sana.

Come prima domanda, le vorrei mostrare due interventi sul tema e chiederle un parere:

Quali elementi dei due interventi TED sono per lei più significativi e adatti ad uno sguardo contemporaneo sull’educazione del maschio?

Ho trovato gli interventi molto interessanti nel rompere lo stereotipo del ruolo maschile inteso come machismo. Uno degli elementi maggiormente significativi che si riscontrano sono legati all’intelligenza emotiva intesa come capacità di riconoscere, nominare, esprimere e gestire le proprie emozioni in modo sano.

Purtroppo l’educazione tradizionale al genere maschile è totalmente sprovvista di questa skill. Lo è nel momento in cui la pretesa di conformarsi ad una non esternazione di emozioni ed ad una negazione delle.medesime è il prezzo per essere riconosciuto parte della categoria “uomo”. “Quando sarai pronto a parlare da uomo” come sottolineato nell’intervento di Porter.

Altro tasto importante è appunto lo stereotipo di cosa è maschile ed appropriato e cosa non è consentito, a discapito della vera identità.

Nell’agosto 2018 l’APA ha pubblicato Guidelines for Psychological Practice with Boys and Men. Qual è la sua opinione in merito, all’interno del contesto italiano?

Il contesto italiano non si discosta molto, abbiamo una forte educazione di genere caratterizzata esattamente dall’ideologia della mascolinità tradizionale come citata da Levant & Richmond.

Lo mostrano i fatti di cronaca, ahimè spesso nera, le differenze salariali e la distribuzione di ruoli di prestigio. Siamo in un Paese in cui “ fare carriera è da maschi”. Mi verrebbe da dire che basterebbe guardare come vengono invitati a giocare in un certo modo i maschietti. Le frasi “cose da maschio” o “è un maschio” circolano più frequentemente di quanto ci rendiamo conto.

Come pensa sia più utile intervenire culturalmente e socialmente per un cambiamento nella cosiddetta ‘socializzazione dell’uomo’ in favore di minori rischi e maggiori benefici per individui e comunità?

Noi, come Cerchio, crediamo molto che il primo intervento a modificare le cose debba essere un riconoscimento ed un abbandono degli stereotipi di genere durante la crescita.

Il primo passo non può che essere la messa in discussione di rigide credenze che divengono dettami ai quali conformarsi, quasi un ineluttabile destino di sofferenza. Si parte da lì: dall’educazione.

Promuovendo gruppi ed attività in contrasto con tali stereotipi: servono modelli di mascolinità diversi che vengano diffusi dai media. Una presa di coscienza genitoriale di ciò che comporta in termini di sofferenza emotiva, e non solo, una tale educazione.

Da tempo collabora con Il Cerchio degli uomini, “un’associazione che mette in campo da più di vent’anni percorsi, servizi e iniziative per il cambiamento del maschile tramite il superamento del modello patriarcale maschilista. La sua mission è la costruzione di una società dove uomini e donne possano vivere insieme nel reciproco rispetto, riconoscendo le proprie differenze ma con gli stessi diritti e gli stessi doveri, nella sfera pubblica come in quella privata”. Dal sito http://cerchiodegliuomini.org/
Un ‘cerchio’, perché questa parola, che trovo bellissima, a definire l’associazione e le sue attività? Ci può descrivere di cosa si tratta e come agisce? Emerge, durante i laboratori, la ‘Man box’ cui fa riferimento Porter? 

Grazie, anche io la trovo bellissima, perché richiama uno scambio di energia tra persone tutte sullo stesso piano (senza gerarchia), in cui tutti si è allo stesso modo esposti, e dove la condivisione ed il confronto sono la base di crescita.

Devo però anticipare che il nome è stato preso in prestito dal Cerchio degli uomini di Torino, di qualche anno più vecchio della nostra associazione Bresciana. Mi piace pensare ad un cerchio allargato. 

Noi ci occupiamo di lavorare con gli uomini maltrattanti. E con questo intendo dire quelle persone che si sono rese in qualche modo autori di comportamenti violenti verso le mogli o le compagne, di agiti volti a screditare e denigrare l’altro sesso. 

L’accesso alla associazione è libero, spesso avviene su indicazione della Magistratura o del Tribunale, talvolta degli avvocati o dei Centri antiviolenza, saltuariamente persino per presa di consapevolezza individuale.

Ci mettiamo in Cerchio periodicamente (circa ogni 15 giorni) ed affrontiamo i temi inerenti la mascolinità, la violenza, la responsabilità del proprio vissuto emotivo, l’esplorazione di un modo altro di gestire le proprie emozioni che prevede l’ascolto e l’autorealizzazione. 

La Man box potrebbe essere la nostra scaletta. Anzi, credo che d’ora in poi la userò nel lavoro come spunto di riflessione nei gruppi.

Che tipo di esperienza è per lei? 

Quale sguardo porta essere una donna in questo contesto? Potrebbe indicarci il valore aggiunto così come le criticità?

Come Il Cerchio degli uomini può lavorare nella direzione di una promozione socio-culturale di uno sviluppo di una mascolinità sana?Esiste il coinvolgimento delle donne nel processo?

L’ esperienza nel Cerchio mi dà tanto, e non può che essere così vista la mole di lavoro per volontariato che prevede. La vivo sempre come l’occasione di poter fare la differenza.

Spesso mi viene chiesto quale sia il mio ruolo, come riesca in quanto donna a non arrabbiarmi, a stare lì magari con persone che riversano l’odio verso le donne.

Io sono lì perché credo in un mondo in cui siamo esseri umani prima ancora che avere un genere ed è questo che ci accomuna; sono lì come testimonial di questo, a smontare pezzettino per pezzettino le credenze della Man box.

Credo sia qualcosa nelle mie corde perché non ho mai sentito di appartenere nemmeno alle “woman box” e l’ho sempre messa in discussione. Io, mio malgrado, divengo nel gruppo la rappresentanza della parte femminile, respinta dalla mascolinità tradizionale, ma comunque da comprendere.

Sono il riferimento per smontare lo stereotipo e mettere in discussione alcune rigide credenze. Banalmente sono: “Voi donne fate tutte così…” con rabbia; sono: “Ma è vero che voi donne?…”; divento: “Sara, ma come fa sentire voi donne questa cosa?”

Abbiamo di recente lanciato una campagna #Uominidovesiete? Chiedendo agli uomini di scendere in piazza a protestare al fianco delle donne.contro i femminicidi. Non voglio dire che questo sia esaustivo di un cambiamento.

Qui serve una rivoluzione culturale e sono processi molto lenti. Ma credo che il Cerchio possa farsi promotore di interventi di questo tipo, possa raccogliere le voci degli uomini che decidono di rompere il muro, uscire da un ruolo imposto ed essere finalmente quello che sono.

Andiamo nelle scuole a parlare con i ragazzi ed a sentire da loro come stanno nei ruoli rigidi e li aiutiamo a metterli in discussione. Inoltre, vi è il lavoro clinico con gli autori di reati.

Nei gruppi che conduciamo.non vi è accesso alle compagne degli autori di violenza, ovviamente per loro tutela. Le donne sono parte integrante del cerchio nello staff (eccomi) e nei momenti di confronto.

Esiste una dimensione che si rivolge all’educazione ed alla genitorialità?

Ufficialmente no. Nel senso che è tema talmente importante che è impossibile non toccarlo. Le risorse sono però limitate ed ad oggi non abbiamo ancora avuto modo di strutturare uno specifico percorso a 360° che si occupi di questo aspetto come merita. Work in progress…

Cosa vorrebbe dire agli uomini ed alle donne, ai padri e alle madri, ai ragazzi che leggeranno la sua intervista, un messaggio diretto a cuore aperto?

Cosa vorrebbe festeggiare per la Festa del papà?

Ho un messaggio a cuore aperto, grazie per avermelo chiesto: per la Festa del papà vorrei un papà coraggioso per tutti, che rompa il muro dello stereotipo. Essere genitori è un dono ed esserlo è un’occasione di sfida e di crescita per noi stessi.

Essere genitore vuol dire gettare il seme delle società future. Chiedo ad i genitori di fermarsi e domandarsi che tipo di persona vogliono crescere, non di maschio o femmina, ma PERSONA (libera di esprimere se stessa al meglio, sopratutto LIBERA).

Ed ai ragazzi dico: siate voi stessi a scrivere gli stereotipi al contrario, siate principesse in armatura e principi che aspettano nella torre o il contrario… o entrambi, siate quello che vi va!