E poi, ti devi fermare

WARNING! Post personale

Scrivo questo post sulla stessa nota del telefono su cui avevo scritto la lista della spesa. Forse per pigrizia, forse per sentirmi avvolta di normalità.

Mi devo fermare, di nuovo, a fare la stessa cosa, ma diversa, in un posto diverso, con persone diverse a cui ti devi affidare.

Mi devo fermare per andare avanti, suona come un paradosso, così come sono un paradosso volere una certezza e non volerla, allo stesso tempo.

Le cose non ti accadono, figurati. Poi quando te ne è accaduta già una, non te ne accade un’altra. Sorrido delle regole non scritte e delle piccole ingenuità di chi è cresciuto nel benessere, di chi è nato sotto una buona stella, fino adesso. No, anche adesso.

Riposa nelle cose così come sono, mi dico.

L’ho imparato nei miei studi di mindfulness e qualcuno potrà dire che alla fine si torna sempre lì.

Proprio così, si torna sempre lì. Pazienza, compassione, fiducia, accettazione, non attaccamento ai risultati, anche se è difficile in questo caso. Si torna sempre lì.

E sono anche un po’ arrabbiata perché leggo di articoli che ci dicono di dedicarci un Primo Maggio senza resilienza. Oppure altri, che per esercizio di stile o per onore di clickbait, piuttosto che con l’intenzione – anche comprensibile- di voler fare chiarezza, rischiano tuttavia di non considerare che chi legge spesso si ferma al titolo, e di farci dimenticare che la resilienza e che la mindfulness, per quanto parole e concetti oggi forse abusati, presi in prestito dalle Istituzioni (la prima), messi ovunque in tutte le salse – alcune delle quali impazzite – sono risorse di cui abbiamo disperatamente bisogno. Io ne ho disperatamente bisogno, o meglio, appassionatamente.

Le ho appassionatamente scelte, chi mi conosce lo sa, per cambiare il mondo, niente di meno.

E se molti ne parlano, perché non leggerlo come un segnale di un cambiamento buono?

Perché non farsi attivi portavoce di un chiarimento del senso di queste parole che devono restare, che non hanno bisogno di essere criticate, o peggio cancellate, bensì di essere capite e vissute, se vogliamo salvarci.

Adesso mi fermo e lo faccio per andare avanti, altri paradossi apparenti proprio come la rivoluzione gentile. Adesso cambio il mondo a partire da me. Ed ogni cosa avrà il suo tempo, per dispiegarsi, per riprendere il volo.


Io aspetto

come il melo

aspetta i fiori – suoi –

e non li sa

puntuali

ma li fa,

simili

non identici

all’anno passato.

Li fa precisi

e baciati nel legno

da luce e acqua

da desiderio

senza chi.

Sorrido sotto il noce

ai suoi occhi tanti

che mi studino bene

la tessitura dei capelli

e ne facciano versi

di merlo e di vespa

di acuti

aghi di pino

e betulla appena sveglia.

Non so chi sono

ho perso senso

e bussola privata

ma obbedisco

a una legge

di fioritura

a un comando precipitoso

verso luce

spalancata.

Chandra Livia Candiani